La pronuncia del latino è un problema che mi ha interessato fin dai tempi del Liceo Classico, quando il professor Giuseppe A. Cesareo (Liceo Mameli, Roma, 1963-64 e 1964-65) ci introdusse alla pronuncia “restituta” che allora era considerata, almeno in Italia, come una scelta discutibile e persino stravagante.
Vi sono due ottimi libri sull’argomento, il primo è un classico “Edgar H. Sturtevant – the Pronunciation of Greek and Latin – Areas Publishers, Chicago, 1975”, il secondo, più recente ed in italiano, è “Alfonso Traina – l’alfabeto a la pronuncia del latino – Pàtron Editrice, Bologna, 2002”.
Devo dire che anche la sintesi che si trova su Wikipedia non è male.
- https://it.wikipedia.org/wiki/Scrittura_e_pronuncia_del_latino (ove sono deascritte la pronuncia classica (restituta) e la pronuncia ecclesiastica)
- https://it.wikiversity.org/wiki/Pronuncia_del_latino (ove si aggiungono considerazioni sulla pronuncia scientifica, che altro non è se non una versione più complessa della restituta)
Nota: come avevo già detto in un precedente articolo io ho appreso la pronuncia “restituta” frequentando il Liceo Mameli (https://dicastri.club/2017/11/09/giuseppe-a-cesareo/) e da allora ho continuato ad usarla, è rimasta il mio modo naturale di leggere un qualsivoglia tersto latino, a costo di apparire stravagante o talora persino ignorante. Di fatto c’è da dire che la “restituta” è senz’altro la pronuncia corretta per un testo classico o comunque dei primi secoli ma forse non lo è per un testo in latino medievale che, almeno in Italia, era letto con le regole tuttora usate per la pronuncia ecclesiastica e rese obbligatorie, sempre in ambiente ecclesiastico, dal papa San Pio X. In altri paesi d’Europa esistevano modi di pronunciare il latino legati alla pronuncia della lingua locale: essi furo di uso corrente fino agli inizi del XX secolo ed in parte sono usati tuttora.