Esistono almeno due modi di considerare il problema, che fra l’altro sono fra loro complementari e non esclusivi. Il primo e più noto è basato sulle diseguaglianze e sull’indice di Gini, esso è di più facile comprensione perché fa’ perno sull’invidia sociale e definisce povertà e ricchezza in senso relativo. In questo modo la povertà (relativa, corrispondente a metà del reddito mediano) non può essere eliminata, in altre parole in un ipotetico paese in cui tutti hanno 100 Rolls Royce il poveraccio è quello che ne ha 99. D’altra parte si può calcolare una soglia di povertà assoluta che corrisponde al così detto reddito di sussistenza (che peraltro varia da posto a posto ed è diversa in diverse epoche storiche) e definire un reddito di obiettivo benessere (ROB, convenzionalmente due volte e mezzo la soglia di povertà) che non è la ricchezza ma permette di affrontare la vita ed eventuali imprevisti con serenità. Un obiettivo che ci si dovrebbe porre è di non avere persone in povertà assoluta (possibile) e di avere il maggior numero possibile di persone con un reddito superiore al ROB (in prospettiva tutti, anche se entriamo nel campo della fanta-economia). Ottenuto l’obiettivo del ragionevole benessere il problema della diseguagliuanza e della ricchezza non interessa più, fra l’altro la ricchezza ha una sua giustificazione permettendo, ad esempio, la formazione di “surplus” che possono essere investiti e favorire l’innovazione ed essendo un fattore di stabilità del sistema..