Il demanio nel regno delle Due Sicilie

Per comprendere le cause del malcontento che fu una delle cause della guerra civile, che ebbe luogo dal 1961 alla fine del decennio, nel territorio che aveva costituito il Regno delle Due Sicilie e che passò alla storia con il nome di “lotta al brigantaggio”, è necessario approfondire cosa si intendesse per demanio ed usi civici.

Il diritto romano confondeva, sotto il nome di “publica civitatum”, sia i beni privati del municipio, il cui frutto era utilizzato per fini istituzionali, sia i beni pubblici, destinati all’uso dei cittadini.

Il diritto napoletano, evoluto dal diritto medievale, distingueva invece il

  • patrimonium, cioè i beni privati, dal
  • demanium, cioè dai beni pubblici.

Il demanio era pertanto terra libera, non infeudata, che era a sua volta distinta in demanio universale, la cui proprietà apparteneva al popolo ed il cui uso era aperto a tutti i cittadini, e demanio feudale. Si era venuto a creare un diritto degli usi civici e del demanio comunale tipicamente napoletano, fondato su principi di equità. Sono da ricordare le Prammatiche di Ferdinando d’Aragona (de salario, 1493) e di Carlo V (de baronibus et eorum officio)

L’abolizione della feudalità ad opera di Giuseppe e poi di Gioacchino Napoleone (1806, 1808) non restituì ai cittadini i diritti civici come era avvenuto in Francia, ma fino al 1860 di fatto nulla cambiò.

Gli usi civici furono riconfermati da Ferdinando II con la riconferma delle leggi sul demanio (20/09/1836).

A partire dal 1860 invece le terre soggette ad uso pubblico furono alienate in favore di nuovi proprietari, che le acquistarono a prezzi molto convenienti (fu di fatto una svendita) e li trasformarono in terreni privati, mentre ciò che era restato pubblico fu comunque soggetto a lunghi contenziosi ed all’istituto della quotizzazione e di fatto usurpato.

Fonti:

  • Lorenzo Ratto, Le leggi sugli usi e demani civici, Roma, 1909
  • Carlo Alianello, la Conquista del Sud, Rusconi, Milano, 1972

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