Corruzione

La corruzione non si combatte con “gride” che promettono pene sempre più pesanti e sempre meno applicabili, né con leggi limitative e sistemi di controllo che rendono la vita impossibile solo ai galantuomini.

Essa si combatte comprendendone ed eliminandone le cause. La strada maestra passa per la creazione di una pubblica amministrazione efficiente e motivata, evitando che coloro cui compete prendere decisioni siano incompetenti, ma evitando anche che siano sottopagati e facendo in modo che il loro status sociale sia congruente con le loro responsabilità.

2 commenti

  1. Chi serve, serve! Chi non serve, non serve! Può apparire banale se non si riflette sul contenuto semantico del servire. La nozione di Potere è strettamente connessa al Servizio agli altri e per gli altri! Ma di una simile nozione vi è ancora memoria? E in caso affermativo : viene messa in atto?
    La corruzione dilagante in una società appare come il riflesso dell’etica in essa dominante.
    “Dalla caduta del Muro di Berlino, .., il liberismo divenuto trionfante, privo di un vero antagonista (ivi incluso di recente l’intervento dello stato in economia), ha sperimentato una escalation che ha condotto alla finanziarizzazione di ogni aspetto dell’esistenza umana (finanche le pandemie ) e alla generalizzazione di un “unico valore e misura di tutte le cose”, sino a rendere vero quel concetto espresso da George Simmel nel suo saggio “Psicologia del denaro” : “Proprio come Dio nella forma della fede, il denaro è, nella forma concreta, la massima astrazione cui si sia levata la ragion pratica”. Così, in termini psicologici, il sentimento di PACE è sicurezza che il possesso del denaro garantisce da un lato, e corrisponde dall’altro a ciò che l’uomo devoto trova nel proprio Dio. Il denaro, “coincidentia oppositorum” (grazia di Dio e sterco del demonio) e “valore che acquista valori” (talvolta corruttivamente!) si impone pertanto in modo generalizzato non più solo come mezzo, ma come fine, fuori (anche) dell’approccio calvinista caro a Max Weber, dov’esso era si espressione di grazia divina, ma comunque mezzo strumentale nell’agire sociale. Non a caso sono recentemente emersi segnali di riflessione circa la necessità di una svolta etica del capitalismo odierno proprio dai suoi centri nevralgici . È alta la nostra attenzione verso tutto ciò, ma bisogna accertare se si tratta di schermaglie tattiche o di vera presa di coscienza dell’insostenibilità della situazione presente”. (Vedi http://www.civiltadellamore.org/download/Rivista1-2020.pdf )
    Una civiltà che smarrisce il proprio fondamento etico e non riesce a ritrovarlo, è destinata al fallimento!

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    1. Io ripartirei dal concetto di “status” a più dimensioni, definito inizialmente da Max Weber (del quale tuttavia non condivido l’approccio calvinista) con le tre dimensioni economica, politica e culturale che, a ben vedere, dovrebbe anch’esse essere articolate in più componenti. A seguito di un processo iniziato con la Rivoluzione Francese, la componente economica ha avuto un’importanza sempre crescente fino a diventare, negli ultimi cinquant’anni, l’unica presa in considerazione. Si potrebbe così definire lo status come un punto definito da tre (o più) coordinate, cui si deve aggiungere il più complesso problema della “congruenza di status” definita ma non sviluppata sufficientemente da Elliot Jaques che di fatto definisce un dominio cui il punto deve appartenere.

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