La recente crisi, dovuta alla pandemia da coronavirus tuttora in corso, ha aperto la possibilità di un’importante riflessione sulle catene di fornitura. L’iper-globalizzazione dell’ultimo decennio ha avuto come conseguenza, almeno per quanto concerne l’Italia, che la maggior parte dei beni vengono acquistati altrove: se andate al supermercato non si trova frutta italiana, anche se in Italia se ne producono notevoli quantità ed in molti casi migliori che altrove, il mercato dell’automobile non ha più alcun legame con i luoghi di produzione, i beni di avanzata tecnologia sono tutti prodotti in estremo Oriente e così via. Ancor più significativo il fatto è che, anche se un bene è prodotto in Italia, gran parte degli elementi componenti sono prodotti altrove.
Tale sistema presenta vantaggi e svantaggi; sui vantaggi di un’apertura internazionale dei mercati, in termini economici, si è molto parlato ed essi possono in buona parte essere condivisi. Tuttavia, esistono alcuni limiti, che si potrebbero definire strategici, e che vale la pena di tenere in considerazione.
All’insorgere di una crisi di qualsivoglia natura, come è accaduto nell’attuale pandemia per alcuni beni di impiego sanitario, ma lo stesso potrebbe accadere in caso di guerra – evidentemente per altri beni – o in altri casi di grave calamità, la maggior parte delle nazioni tenderà a dare priorità alle proprie esigenze rispetto alle esportazioni. Ne deriverebbe inevitabilmente uno squilibrio fra domanda ed offerta, nella migliore delle ipotesi con un aumento temporaneo dei prezzi, in altri casi si potrebbe tuttavia verificare una rottura delle catene di fornitura con la conseguente insufficiente disponibilità del bene in oggetto.
Per i beni ritenuti di importanza strategica, è necessario dotarsi di una sicura disponibilità a livello locale o nazionale: per le materie prime o per quei beni che si possono considerare tecnologicamente stabili, la disponibilità può essere garantita sia dalla produzione che da un adeguato livello di scorte. Per i beni soggetti all’evoluzione tecnologica, invece, non ha senso dotarsi di scorte, che al momento dell’impiego si rivelerebbero essere desuete, ed è indispensabile un adeguato investimento in capacità produttiva.
Gianluca di Castri