Intervento del consigliere Gianluca di Castri alla XV Sessione del Consiglio Pastorale Diocesano – VIII Consigliatura (29 e 30 novembre 2014)

Sintesi
Il mondo tende verso una società multi-etnica mentre la civiltà europea è in uno stato di decadenza, le cui cause sono da ricercare nella rinuncia alle proprie radici e nel  suicidio demografico.
Per poter dialogare con altre culture, il cristiano deve conoscere innanzi tutto la propria identità ed esserne orgoglioso; la rinuncia o la diluizione dell’identità sono controproducenti.
Per permettere la nascita di un nuovo umanesimo cristiano, di cui esistono solo germogli, servono cristiani forti che siano:
·         testimoni: è poco probabile che, qui ed ora, ci venga richiesto di testimoniare la fede con il sacrificio della vita, dobbiamo però affrontare il “piccolo martirio” di essere emarginati e ridicolizzati.
·         preparato a rispondere, con cognizione di causa, alle accuse che da ogni parte vengono alla Chiesa Cattolica e che sono per lo più infondate.
·         dotati di un’adeguata conoscenza  sia delle Scritture che della Dottrina con volontà e capacità di trasmetterle ad altri.
·         capace di navigare controcorrente.
Nelle nostre comunità vi sono molte brave persone che si definiscono cristiani e che conoscono ben poco delle verità fondamentali della nostra Fede: assidue alle celebrazioni, spesso attive in parrocchia, però senza alcuna possibilità di difesa di fronte agli attacchi che vengono da ogni parte.
L’azione pastorale dovrebbe fornire gli strumenti,  tramite  catechesi, educazione e  formazione, per dare i fondamenti apologetici e teologici; particolare attenzione dovrebbe essere data ai giovani.
Non si deve avere paura delle nuove tecnologie, dalle quali la Chiesa non può restare fuori ma che, come qualsiasi altro mezzo di comunicazione, devono essere usate con l’opportuno discernimento. 
Premessa
Il mondo tende verso una sempre maggiore integrazione, il futuro vedrà una società sempre più multi-etnica: piaccia o non piaccia, è una realtà cui bisogna adeguarsi.
La civiltà occidentale, almeno in Europa, è in uno stato di decadenza probabilmente irreversibile, le cui cause sono da ricercare nel relativismo e nella rinuncia alle proprie radici, con il conseguente suicidio demografico. Il cristianesimo, che  è finora stato sostanzialmente identificato con la società occidentale, identificazione in passato corretta, deve ora svincolarsene; per il cristiano l’annuncio e la diffusione del Vangelo devono essere più importanti che ritardare la decadenza della propria civiltà, anche se per molti di noi ciò può portare a prese di coscienza dolorose e non facili da superare.
Tuttavia, per poter annunciare e diffondere il Vangelo almeno nella società in cui vive e per potere, se del caso, dialogare con altre culture, il cristiano deve conoscere innanzi tutto la propria identità ed esserne orgoglioso; la rinuncia o la diluizione dell’identità, il pensiero debole ed il relativismo in generale non servono a facilitare il dialogo, bensì portano alla sopraffazione ed alla scomparsa delle identità più deboli.
Il nuovo umanesimo in Gesù Cristo
Il nuovo umanesimo, allo stato, è un obiettivo lontano e difficile da raggiungere; ciò che vediamo nelle nostre comunità è solo l’ “immobilismo rinunciatario” di cui parla la nota della Conferenza Episcopale Italiana.[i]
Per permettere, nonché per favorire,  la nascita di un nuovo umanesimo cristiano, che oggi non esiste o di cui esistono solo piccoli germogli, servono “cristiani forti”, per i quali possa avere di nuovo senso il termine “soldati di Cristo”, purtroppo caduto in disuso, i quali  agiscano, come membri di una “Chiesa forte”, in un contesto ad essi sfavorevole ed in uno Stato che, nella migliore delle ipotesi, potrà essere neutrale ma più di sovente avrà un atteggiamento sfavorevole e talvolta persecutorio.
Di volta in volta, ogni cristiano dovrà essere:
·         Martire, cioè testimone: in Italia, almeno nell’arco della nostra vita, è poco probabile che venga richiesto di testimoniare la fede con il sacrificio della vita. La testimonianza richiesta è rivolta ad una società secolarizzata che tenta di proporre modelli diversi, attribuendo a se stessa una superiorità culturale che di fatto è ben lungi dal possedere. Testimoniare la fede non significa limitarsi ad una partecipazione domenicale alla S. Messa, significa anche avere una condotta di vita conforme ai dettami evangelici, non vergognarsi di proclamare la propria fede in ogni occasione ciò sia richiesto o sia comunque opportuno; vi sono cristiani che, pur avendo una certa assiduità in chiesa, nascondono sul luogo di lavoro o con i loro amici la loro fede, per paura di essere presi in giro, emarginati, ridicolizzati. Purtroppo ciò può succedere, è il “piccolo martirio” che dobbiamo accettare e sostenere, ricordandoci che altri, ieri ed oggi, hanno affrontato ben altre prove per la stessa testimonianza.
·         Apologeta, cioè preparato a rispondere, con cognizione di causa, alle accuse che da ogni parte vengono rivolte al Cristianesimo in generale ed alla Chiesa Cattolica in particolare e che sono, in massima parte, storicamente non vere o comunque presentate in maniera non corretta
·         Teologo, cioè dotato di un’adeguata conoscenza  sia delle Scritture che del Catechismo della Chiesa Cattolica, della volontà e della capacità di spiegarle ad altri e di difenderle quando necessario, con un opera di carità intellettuale e spirituale[ii].
·         “Sale della Terra”,   cioè capace di “navigare controcorrente rispetto alla mediocrità ed all’insipienza diffuse”[iii].
L’ azione pastorale
L’azione pastorale concreta dovrebbe fornire gli strumenti,  tramite un’attività di catechesi, di educazione e di  formazione, per dare i fondamenti apologetici e teologici; particolare attenzione dovrebbe essere data ai giovani, utilizzando strumenti opportuni ed atti a raggiungerli ed a stimolarne l’interesse.
Di fatto, l’azione catechetica e formativa è oggi fondamentale: nelle nostre comunità vi sono molte brave persone che si definiscono cristiani e che conoscono ben poco delle verità fondamentali della nostra Fede, fermi di fatto al catechismo dell’iniziazione cristiana da allora non più coltivato. Brave persone assidue alle celebrazioni, spesso attive in parrocchia, però senza alcuna possibilità di difesa di fronte agli attacchi che vengono da ogni parte.
Per l’attività di formazione dovranno essere trovate strade nuove, la formazione così come è fatta ora va bene, ma non è sufficientemente incisiva e raggiunge sempre e solo le stesse persone, ad essa si deve perciò aggiungere un’attività di promozione su tutti i canali oggi disponibili, dai più accessibili (Facebook, Twitter, e simili) ai più ardui. Non si deve avere paura delle nuove tecnologie[iv], dalle quali la Chiesa non può restare fuori[v]ma che, come qualsiasi altro mezzo di comunicazione, devono essere usate con l’opportuno discernimento.
Una buona proposta è stata fatta dalla LUX VIDE con alcuni suoi sceneggiati televisivi; in aggiunta si può promuovere la conoscenza di opere cinematografiche, letterarie e teatrali di ispirazione cristiana. Notevole può essere il contributo di centri e gruppi culturali gestiti da laici competenti.
La corresponsabilità laicale
Nelle comunità, a tutti i livelli, deve essere ripreso lo stimolo alla “corresponsabilità laicale” che, dopo un inizio promettente, si è arrestato e langue; la corresponsabilità laicale non è un argomento di discussione ma un obiettivo da raggiungere, per il quale è necessario un percorso di maturazione, che deve essere seguito sia dai sacerdoti che dai laici; di fatto, allo stato attuale, ancora si può ripetere che[vi]:
·         Molti sacerdoti non si fidano dei laici, ai quali vorrebbero affidare solo mansioni esecutive ed amministrative, riservando a se stessi tutto quanto riguarda la pastorale, il progetto educativo, la catechesi; il risultato è che, non avendo i sacerdoti il tempo da dedicare a tali attività, esse sono in sofferenza.
·         I sacerdoti inoltre sono spesso i primi a non valorizzare le risorse che ci sono in parrocchia, limitandosi ad affidare incarichi esecutivi alle persone di immediata disponibilità, senza cercare di reperire e motivare persone che potrebbero adempiere ad incarichi di maggior livello. Essi devono rendersi conto che, mentre in passato era possibile gestire direttamente tutte le attività della parrocchia, circondandosi di collaboratori ed inservienti tuttofare, oggi servono laici motivati, qualificati e di alto livello e bisogna imparare a sceglierli e motivarli, fra l’altro creando le condizioni per un ambiente di lavoro adeguato.
·         I laici sono ancora malati di “clericalismo”, non vogliono assumersi responsabilità; nelle parrocchie vi sono molte persone di buona volontà, che svolgono una miriade di attività ma che non vogliono assumersene la responsabilità e che non vogliono assumersi la funzione di guida di altri collaboratori.
·         Un’ulteriore difficoltà si ha nel fatto che il mandato dei parroci è novennale, mentre spesso il laicato resta attivo in parrocchia per periodi più lunghi; deve essere maggiormente curata la continuità dei mandati laicali al succedersi dei parroci, garantendo quando possibile un periodo di sovrapposizione fra parroco uscente e parroco entrante per il passaggio delle consegne. Una maggiore attenzione, da parte degli uffici a ciò preposti,  ai criteri di avvicendamento dei sacerdoti e dei parroci nonché alla pianificazione e programmazione delle risorse potrebbe essere di grande utilità.
Parlare di “corresponsabilità” fra due enti o due persone significa che i due devono attuare di comune accordo ed in collaborazione un programma i cui termini sono stati proposti dalla diocesi o concordati fra i corresponsabili stessi. Nell’ambito parrocchiale, se vogliamo parlare di corresponsabilità, dobbiamo in parte ridurre il potere di decisione del parroco, limitandolo al “ministero della sintesi” propriamente detto : se al parroco viene comunque e sempre lasciata la decisione, non abbiamo un rapporto di corresponsabilità ma di dipendenza. Il laico deve poter operare su un programma concordato ma, una volta che tale programma sia stato approvato, deve avere i mezzi, l’autonomia e l’autorità di portarlo a termine, rispettando i limiti imposti dal programma stesso; in mancanza di queste condizioni, si giungerà inevitabilmente ad una perdita di motivazione del laicato, e ciò porterà alla perdita delle risorse più attive.
D’altra parte, è necessario un processo di maturazione del laicato: premesso che, in organizzazioni fondate in massima parte sulla gratuità della prestazione, è molto difficile istituire dei responsabili e pertanto stabilire una sorta di gerarchia, ciò è tuttavia indispensabile se si vuole ottenere qualche risultato, specialmente nelle realtà di maggiori dimensioni.
Liturgia e testimonianza
Per quanto invece concerne la capacità di essere testimoni e la conseguente disponibilità al “martirio”, quand’anche si tratti soltanto del “piccolo martirio” di cui è detto sopra, gli strumenti sono da ricercare, a livello individuale, nella preghiera ed a livello comunitario nella partecipazione attiva[vii]  alle celebrazioni.
Un importante contributo può venire da una maggior cura della liturgia e dalla possibilità di partecipare, almeno nelle chiese principali, a liturgie celebrate in una lingua in cui tutti i cristiani, anche se lontani dal proprio paese, possano identificarsi.  Ciò diviene sempre più importante in una società in cui il cristiano si trova sempre più spesso a viaggiare lontano da casa, per motivi personali o professionali e talora per lunghi periodi.
La preferenza personale e, se vogliamo, la nostalgia di chi scrive per l’uso della lingua latina non esclude la possibilità di prendere in considerazione eventuali alternative.   


[i] CEI – Comitato preparatorio del V Convegno Ecclesiale Nazionale: in Gesù Cristo il nuovo umanesimo – pag. 38
[ii] Umberto Muratore, Conoscere Rosmini. Vita, pensiero, spiritualità, Edizioni Rosminiane, Stresa, 2002, pp. 183-184 ed Antonio Rosmini, Costituzioni dell’Istituto della Carità, a cura di Dino Sartori, Istituto di Studi Filosofici-Centro Internazionale di Studi Rosminiani, Città Nuova, Roma, 1996 ripresi da http://www.gliscritti.it/blog/entry/1703
[iii]Dall’omelia di S.E. Rev.ma Mons. Romeo del 31/08/2007
[vi]Dall’intervento dello stesso consigliere al Consiglio Pastorale Diocesano, VII consigliatura, XV sessione, giugno 2009
[vii]Sacrosanctum concilium, II, 14

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