Ripropongo un interessante articolo di Andrea Barattolo, Docente Universitario presso Università degli studi di Macerata (1977 – 2009)
Rispondo con particolare competenza perché, essendo archeologo, questo è il mio mestiere. L’abbandono di un sito, sia esso una città o porzione di essa, una villa, una strada, un santuario ecc., comporta ovviamente l’assenza totale di qualsiasi forma di manutenzione. Particolarmente se il sito in questione è stato abbandonato dopo un evento particolarmente violento, come un saccheggio, una distruzione per motivi bellici, un evento naturale catastrofico come un terremoto od una inondazione. Prendiamo ad esempio Amatrice, praticamente distrutta dal terremoto: se il suo sito fosse stato abbandonato, nel giro di pochi anni a causa degli eventi meteorologici, di ulteriori crolli dovuti alla ovvia incuria a causa dell’abbandono , si sarebbero ulteriormente accumulate ulteriori rovine ed infine per i naturali eventi meteorologici od ulteriori terremoti negli anni, tutto sarebbe stato ricoperto dalla terra e la città sarebbe scomparsa sotto il suolo per l’accumulo di strati su strati succedutisi nel tempo. Ma anche senza l’abbandono, tutto questo può avvenire ugualmente a causa del totale rivolgimento delle situazioni storiche. È il caso di Roma. La città all’epoca del suo splendore, era una metropoli che per l’epoca, era paragonabile a New York o a Tokyo. Si stima che nel II secolo d. Cr., all’epoca della dinastia degli Antonini, raggiungesse quasi i due milioni di abitanti. Ma nel II secolo la popolazione dell’Italia non superava i quattro milioni e mezzo di abitanti e tutto l’impero arrivava al massimo a 60 milioni! Nel XIV secolo, all’epoca del trasferimento del Papato in Francia ad Avignone, crollò a ca. 16.000 o 18.000 abitanti. Questo vuol dire che numerosissimi quartieri ed aree urbane vennero abbandonate. Anche nelle zone più propriamente monumentali, edifici come la grandi terme, i templi, i Fori o gli Stadi, divenuti inutili per il sovvertimento totale della vita, vennero abbandonati perché divenuti inutili. Cosa te ne fai di un edificio termale quando i barbari hanno tagliato gli acquedotti ? O di un tempio pagano in epoca cristiana? O lo abbandoni e usi le sue pietre e marmi come materiale da costruzione per le nuove strutture che ti interessano, o lo trasformi in chiesa, ovvero lo radi al suolo e ci ricostruisci sopra. È questo il caso ad esempio del Pantheon a Roma, traformato in chiesa nell’VII secolo; e questo ce lo ha salvato. Il secondo caso è Piazza Navona: era uno stadio, lo Stadio di Domiziano ed è diventato una piazza ad un livello superiore. Ma al di sotto dei nuovi edifici, del nuovo livello medievale, sono ancora visibili e persino oggi visitabili i resti dello Stadio, tra le cui rovine si sono cominciati a inserire gli abituri e le chiese medievali; tutto questo perché lo stadio era diventato inutile. E quando ci ricostruisci sopra, il livello della città si innalza secolo dopo secolo, anche per il crollo della manutenzione, ove terremoti, inondazioni, saccheggi ecc., portano accumulo continuato di terre e materiali di riporto, fino a quando la nuova città si ridefinisce ad un livello più alto, la nuova città medievale che oramai è a livello della successiva rinascimentale e barocca. E così una villa abbandonata in campagna o al mare, perché in una epoca di saccheggi, scorrerie e vita spostatasi per motivi di sicurezza su luoghi elevati più facilmente difendibili e fortificabili, una villa, come luogo di riposo e di lusso, non ha più senso. Per cui le strutture, private di manutenzione, crollano, la terra per gli eventi naturali si accumula ed alla fine tutto scompare sotto terra. E a questo punto arriva l’archeologo che deve rileggere, scavando, la Storia del sito al contrario, ossia come un libro che si legga dall’ultima pagina in direzione della prima. Perché gli strati di abbandono che ti trovi davanti scavando, sono ovviamente, prima, quelli più recenti, e mano, mano che scendi, fai un viaggio verso il passato. La fine del tuo scavo sarà il terreno vergine, ossia prima che l’uomo occupasse e sfruttasse quel sito. Ma tutto questo comporta una gravissima responsabilità: una scavo mal fatto, in quanto è un evento distruttivo perché tu smonti un contesto che è stato sigillato così dalla Storia, equivale all’incendio di un archivio o di una biblioteca; infatti quello strato che hai smontato, quindi distrutto, se hai sbagliato ad identificarlo, a riconoscerlo, a ben documentarlo in tutti i dettagli, non puoi recuperarlo. È perso per sempre. Perché esso è il risultato di secoli di accadimenti umani in quel sito e tutto ciò non si può rifare. Pensate dunque i danni che fanno i tombaroli quando saccheggiano un sito archeologico alla ricerca dei “belli oggetti”! Che avulsi dal loro contesto storico non hanno più un significato, cioè non ci “parlano” più. Perché il legame con il loro contesto è perso per sempre. Sono appunto solo un “bell’oggetto”, che oramai è muto per sempre e che chi lo acquista non capisce, non può capire perché non ha più gli strumenti per farlo. Mentre l’archeologo con il suo scavo scientifico lo avrebbe fatto parlare!