Un’interessante caratteristica della devianza italiana, è stata definita come inversione del rischio; se andiamo a considerare tutti i sistemi sociali, e persino alcuni sistemi dell’etologia animale, noteremo facilmente che, a situazioni di maggior rischio, corrisponde a maggior remunerazione, mentre le situazioni facili e tranquille sono meno remunerative.
In campo finanziario, ciò corrisponde alla situazione, vigente in tutto il mondo industrializzato, per cui agli investimenti sicuri, ed in particolare ai titoli di stato, corrisponde un basso tasso d’interesse, mentre investimenti meno sicuri, per poter trovare clienti sul libero mercato, devono offrire in cambio una remunerazione più elevata per il capitale.
Il sistema italiano ha operato in maniera diversa; per decenni l’investimento più redditizio è stato anche il più sicuro (fatta salva l’azione livellatrice dell’inflazione) cioè il titolo di stato, anche in virtù di esenzioni fiscali. Ciò ha avuto effetti devastanti sulla logica dei mercati finanziari.
A ciò si aggiunge la particolarità del mercato immobiliare, con le sue funzioni particolari di bene rifugio, e la scarsa propensione al rischio dell’investitore: ne è derivato un mercato anomalo, in cui l’investitore acquista titoli pubblici inflazione, mentre le caratteristiche del sistema bancario unitamente ai desideri del risparmiatore rendono disponibili fondi per progetti a medio e lungo termine solo tramite un meccanismo di doppia intermediazione, che era un tempo obbligatorio per legge e che sussiste tuttora.
L’ultimo fattore deviante, infine è nella scarsa propensione al rischio dei grandi imprenditori italiani, il capitalismo italiano è stato, dagli inizi del secolo, un capitalismo assistito, al quale si è aggiunto, a partire dall’epoca fascista, un capitalismo di stato, diventato dominante a partire dal 1962 e rimasto dominante sino agli inizi degli anni ‘90.
Ciò si riflette nel finanziamento dei progetti; per decenni grandi progetti, non sempre utili, sono stati finanziati con fondi pubblici o comunque con agevolazioni pubbliche, mentre il piccolo e medio imprenditore hanno sempre dovuto far conto su finanza personale o comunque su garanzie personali.
Dopo la crisi dei primi anni novanta, le cui cause sono note a tutti, la situazione è peggiorata. Da una parte, infatti, i fondi pubblici per i grandi progetti non esistono più o, dove esistono, restano inoperosi per motivi procedurali; d’altra parte il piccolo e medio imprenditore, interessato alla realizzazione di progetti medi o piccoli, si trova nelle stesse difficoltà di sempre: le banche italiane continuano a chiedergli garanzie personali, mentre banche e fondi d’investimento esteri non hanno fiducia nel sistema in generale.
A partire dall’inizio degli anni duemila è in corso un progressivo adeguamento della realtà italiana all’ambito europeo, i cui effetti saranno visibili nell’arco di almeno una generazione.
Tratto da: Gianluca di Castri – Project Management per l’edilizia (Ingegneria economica: applicazioni e sviluppo – Flaccovio, Palermo, 2009 – seconda edizione 2020)