Mi sembra una buona idea, nell’attuale momento politico, rileggere le parole dell’economista Gotti Tedeschi pubblicate sulla rivista “il Timone” n. 162, aprile 2017, pag. 15, in risposta alla domanda: “La permanenza dell’Italia in Europa da’ garanzie o è soltanto un freno? È ragionevole pensare di uscire dall’Euro?”
L’Europa era nata per proteggere e valorizzare l’identità dei singoli stati, non per fagocitarle o cancellarle come sta succedendo. Chi di noi ha ben studiato ed inteso la dottrina sociale della Chiesa ha capito che differenza c’è fra fini e mezzi e si è abituato a pensare di conseguenza. Sia l’Europa che l’euro sono mezzi, che mai dovrebbero diventare fini. Il problema pertanto è chi e come gestisce questi mezzi per assicurare loro i fini voluti. Quello che appare oggi è che chi gestisce Europa e euro li gestisce male, contro il bene comune. L’Europa e l’euro mal gestiti come sono oggi rappresentano una “punizione” per il nostro paese. No, non è ragionevole uscire noi dall’euro, come non trovo affatto logico e opportuno fare l’Europa a due velocità, perché chi sta nella prima velocità imporrà la velocità a chi sta nella seconda. Che però si troverebbe ai margini del processo decisionale che è nella prima. Chi accettasse questa soluzione sarebbe a dir poco imprudente. Sarebbe invece ragionevole pensare di avere governanti che sappiano andare a Bruxelles a difendere il nostro paese e rivedere il trattato di Maastricht, imponendo l’emissione di eurobonds, possibilità di fare investimenti produttivi, ecc., dimostrando che il problema italiano non è affatto l’alto debito pubblico. e dimostrando quale piano di crescita è più corretto per il nostro paese. Ma chi saprebbe farlo? E chi glie lo lascerebbe fare? Bisognerebbe cambiare la testa luteranizzata dei tedeschi, cattolicizzandoli magari, così come andrebbero riconvertiti i laicisti francesi. Ma ciò non deve avvenire per rispetto alle loro culture e sentimenti religiosi. Così si illudono di riuscire loro a cambiare noi.
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