Icilio Vecchiotti (1930-2000) è stato il nostro professore di greco in prima liceo, al Liceo Mameli in Roma, sezione A, nell’anno scolastico 1962-63; se ben ricordo solo di greco, perché in prima liceo esisteva una cattedra di italiano e latino (prof.ssa Venera Fusto). In seconda e terza liceo avemmo invece il prof. Giuseppe A. Cesareo, di cui parlerò in altra occasione, come titolare della cattedra di latino e greco. Vecchiotti lasciò il liceo per dedicarsi all’ insegnamento universitario, è autore di numerosi libri e la di lui sommaria biografia può essere reperita solo con difficoltà, io ne ho trovato una solo sul sito di Astrolabio – Ubaldini, http://www.astrolabio-ubaldini.com/autore.php?autore=276, purtroppo nulla su Wikipedia, ove si trovano solo riferimenti indiretti e meriterebbe di essere citato.
Dei suoi libri ne possiedo uno solo, da molti anni, libro che ho letto e consultato più volte: “Che cosa sono le lingue del mondo”, edito da Astrolabio – Ubaldini nel 1972, e credo di possederlo da allora. La sua attenzione era prevalentemente storica e filologica, dedicò parecchio tempo alla storia della lingua greca ed ai vari aspetti della questione omerica.
Ricordo un curioso episodio relativo ad un’interrogazione di un nostro compagno non molto brillante, ma che in quel caso aveva sostenuto la prova in maniera soddisfacente. Alla fine dell’interrogazione, il professore disse “beh”, volendo probabilmente dire più o meno “oibò, abbiamo finito”, il nostro compagno comprese invece “βῆ” e disse pronto “terza singolare indicativo aoristo terzo del verbo “βαίνω”, il che era anche vero, ma che comunque suscitò la generale ilarità della classe che, correttamente, aveva compreso “beh”.
Per essere obiettivi, tuttavia, si deve anche dire che il professore aveva una voce nasale che talvolta si faceva fatica a comprendere e che la parola greca oggetto dell’equivoco era effettivamente presente nel brano sul quale verteva l’interrogazione.
βῆ: trattasi effettivamente di un indicativo aoristo terzo privo di aumento, forma arcaica equivalente al più noto
ἔβη; la forma priva di aumento ricorre più volte nel I libro dell’Odissea di Omero, che è il testo che eravamo all’epoca impegnati a leggere. Il verso in oggetto potrebbe essere stato il verso 102: βῆ δὲ κατ’ Οὐλύμποιο καρήνων ἀΐξασα ove si parla della dea Athena che, lanciandosi dalle cime dell’Olimpo viene a prendere terra ad Itaca, sotto il portico di Ulisse.
Da <https://el.wikisource.org/wiki/%CE%9F%CE%B4%CF%8D%CF%83%CF%83%CE%B5%CE%B9%CE%B1/%CE%B1>
Da <https://en.wiktionary.org/wiki/%E1%BC%94%CE%B2%CE%B7%CE%BD#Ancient_Greek>