Marcus Rosenlund – I 10 disastri climatici che hanno cambiato il mondo – Garzanti, 2020

Un interessante libro sulla storia dei cambiamenti climatici e sulle loro conseguenze dirette ed indirette. Il libro inizia col la grande inondazione che nel 1362 cancellò la città di Rungholt e creò le condizioni per lo sviluppo di Amsterdam; in realtà, si trattò di una serie di fenomeni atmosferici nel Mare del Nord, iniziati già nel 1219, che cancellarono un’area di oltre 220 kmq lasciando solo alcune isole. Il periodo in cui tutto ciò avviene coincide con la fine del periodo caldo medievale (circa 950 – 1250) e l’inizio della piccola era glaciale, destinata a durare fino al XIX secolo.

L’autore si sofferma, nel capitolo successivo, sugli influssi climatici nella storia dell’Impero Romano, l’epoca gelida descritta dagli annali dell’anno 480 a.U.C (273 a.C.), il successivo periodo caldo durato 600 anni, che coincide con lo sviluppo e la massima potenza dell’Impero Romano ed il successivo raffreddamento che fu causa delle migrazioni dei popoli ed una delle cause del collasso dell’Impero d’Occidente.

Le cause dei cambiamenti climatici del passato sono in parte astronomiche (variazioni dell’orbita terrestre e dell’attività solare) ed in parte vulcaniche: si tratta delle esplosioni super-vulcaniche che provocano “inverni vulcanici” che possono essere molto duraturi; ad esempio, l’esplosione del Toba verificatasi 74 mila anni or sono provocò un inverno vulcanico la cui durata è stimata in mille anni.

Il successivo periodo caldo raggiunse il suo massimo circa 55 milioni di anni or sono, con una temperatura media di oltre 12° superiore a quella attuale anche se per un periodo relativamente breve (circa 100 mila anni): in tale periodo ha inizio l’evoluzione dei primati. Il raffreddamento che segue fu causato da una felce (Azolla filiculoides) che risucchia enormi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera, facendone scendere la concentrazione nell’atmosfera da 3500 ppm a 1000 ppm.

Il testo continua con un’analisi storica dei grandi cambiamenti climatici e delle loro conseguenze:

  • lo scioglimento dei ghiacci alla fine dell’ultima glaciazione (circa 9000 – 10000 a.C.), cui segue un periodo caldo dal 7200 al 3500 a.C.
  • il raffreddamento che inizia nel 3500 a.C., che è l’inizio di una serie di periodi freddi che si sono succeduti ad intervalli più o meno di 1500 anni (ciclo di Bond):
    • nell’10000 a.C. lo svuotamento rapido e violento del lago Agassiz altera la geografia del Nord America e del Atlantico settentrionale; simili diluvi si verificano, sempre in corrispondenza alla fine dell’ultima glaciazione, nell’odierno Mar Nero ed in altre parti del globo, dando origine probabilmente al mito del diluvio universale, diffuso in molte culture prive di contatto l’una con l’altra
    • nel 6000 a.C. il clima è particolarmente caldo, tuttavia in quel periodo si verificò un raffreddamento di circa 5° destinato a durare 600 anni la cui conseguenza indiretta fu una grave siccità in Africa ed Asia che costrinse gli abitanti della Mesopotamia a bonificare le paludi e ad introdurre tecniche di irrigazione, la popolazione aumentò ma l’alimentazione a base di cereali, meno nutrienti, causò una diminuzione dell’altezza media
    • nel 3900 a.C. iniziò un periodo di siccità che causò la trasformazione del verde Sahara nell’attuale deserto, come tutti i periodi di siccità, esso fu causa di una migrazione di popoli verso i fiumi, in particolare il Nilo, il Tigri e l’Eufrate, l’Indo ed i fiumi della Cina
    • nel 2200 a.C. si ebbe un improvviso, anche se temporaneo, irrigidimento del clima con un’intensa siccità ed un’estensione dei ghiacciai con conseguenze di estrema gravità sulle civiltà dell’epoca: in Egitto le inondazioni del Nilo si arrestarono per circa trent’anni ed il paese cadde nell’anarchia, pur senza giungere al collasso dello stato, crollò l’impero di Akkad ed i popoli migrarono verso il Golfo Persico.
    • circa 100 anni dopo, nel 1200 a.C., crollarono tutte le grandi civiltà del Mediterraneo e del Medio Oriente, in corrispondenza di un crollo demografico; si sa che vi fu un periodo di raffreddamento e siccità le cui cause non sono state identificate e, nel periodi fra il 1100 e l’800 a.C. e le civiltà basate sul bronzo furono sostituite da civiltà basate sul ferro.
    • il periodo caldo romano (250 a.C. – 400 d.C.) coincise con la crescita di Roma e dell’Impero; tale periodo giunse alla fase terminale nel IV secolo, quando iniziarono le migrazioni, dette anche “invasioni barbariche” che porteranno alla fine dell’Impero Romano d’Occidente; il freddo ed il secco iniziarono, ad aumentare nel 350 d.C. e la situazione si aggravò a seguito di tre grandi eruzioni vulcaniche che causarono alcuni anni praticamente senza estate, dal 546 al 542; Roma, che aveva oltre un milione di abitanti (secondo alcuni storici 2 milioni) nel 650 era ridotta a 20 mila abitanti. L’era delle migrazioni proseguì, con alterne vicende, per alcuni secoli.
    • Resta da approfondire il nesso fra tempo atmosferico ed epidemie di peste: probabilmente nei periodi caldi la popolazione dei ratti cresce a dismisura, all’arrivo del freddo la popolazione dei ratti di riduce e le pulci vanno in cerca di nuovi ospiti.
  • il periodo caldo medievale iniziò verso il 950 e durò più o meno fino al 1250, le cause sono tuttora incerte; in Europa le temperature erano al livello di quelle del 1900, in Inghilterra si coltivava l’uva come in epoca romana
  • la piccola era glaciale fu un periodo difficile per la civiltà europea, tuttavia alla fine l’Europa si affermò come potenza mondiale dominante. Il raffreddamento ebbe inizio nel XIV secolo e raggiunse il massimo fra il 1570 ed il 1710, le cause furono la combinazione di una scarsa attività solare con esplosioni vulcaniche (1783 in Islanda, 1815 un Indonesia cui seguì, nel 1816, un anno senza estate: i fenomeni vulcanici furono la causa di albe e tramonti infuocati che lasciarono traccia nella pittura del XIX secolo)
  • infine la rivoluzione industriale: a partire dal XVIII secolo, iniziò il discusso contributo antropico al riscaldamento dell’atmosfera, non solo con le emissioni di anidride carbonica, ma nel primo periodo con l’emissione di fuliggine che, riducendo l’albedo delle distese di ghiaccio, ne favoriva lo scioglimento. La piccola era glaciale terminò pertanto, con qualche decennio di anticipo, a partire dal 1860.
  • attualmente il riscaldamento è dovuto in parte all’anidride carbonica, mentre la fuliggine è stata sostituita nel XX secolo dal nerofumo derivante da incendi boschivi e fenomeni vulcanici; tutto ciò è in parte di origine antropica, l’autore sembra propendere per una definizione di tale contributo come importante ma non determinante

Dalla lettura del libro, piacevole e stimolante, si possono trarre alcune conclusioni:

  1. senza cadere nel determinismo storico, non si può tuttavia trascurare l’influsso del clima sugli eventi della storia e sul ciclo di vita delle varie civiltà
  2. il clima è sempre stato capriccioso e variabile, ma con periodi di maggiore variabilità ed imprevedibilità e periodi con clima più stabile
  3. viviamo in un periodo di riscaldamento solo in parte di origine antropica, in periodi cambiamento climatico vi saranno sempre vincitori e perdenti, ma l’uomo finora è sempre stato in grado di adattarsi al cambiamento
  4. il cambiamento climatico non sarà improvviso né costante, ma si realizzerà con una lunga serie di eventi che l’autore definisce “tendenze maniaco-depressive”
  5. esso arrecherà molti cambiamenti al nostro modo di vivere ed alla nostra civiltà, molti soffriranno e moriranno, molti lasceranno il loro paese.

Riportiamo integralmente le conclusioni dell’autore:

Si è trattato di un lungo viaggio ricco di sfide inimmaginabili. La vita ha dovuto difendersi da molti, durissimi colpi. È stata messa alle corde in più occasioni, ma ogni volta si è risollevata e ha sfruttato le prove cui era sottoposta per costruire qualcosa di più grande, qualcosa di migliore. La vita si è sviluppata e si è fortificata passando attraverso grosse difficoltà, shock climatici, eruzioni di supervulcani e cadute di asteroidi, non attraverso un’esistenza pacifica e tediosa.
L’uomo come specie e la nostra civiltà sono certamente più fragili della vita in sé. Ma anche noi viviamo secondo lo stesso principio basilare che la regola: ci adattiamo. Impariamo. A volte prendiamo una bella batosta, ma poi ci scuotiamo la polvere di dosso e ci rialziamo. Il periodo di raffreddamento e siccità subìto 8200 anni fa ne è un esempio lampante. Costrinse i popoli della Mesopotamia a ripensare, e in pratica a inventare, l’agricoltura moderna. E con la pratica dell’agricoltura arrivarono poi tutte le altre cose che noi identifichiamo come civiltà: città, arti, scienza
Gli altri sconvolgimenti climatici avvenuti durante l’Olocene, i cosiddetti eventi di Bond, vanno nella stessa direzione. Quando entriamo in uno stato di crisi severo e venti pungenti iniziano a soffiare, all’inizio passiamo grossi guai, ma poi cominciamo a reagire. Uniamo le nostre teste pensanti e troviamo una soluzione. Ci aiutiamo a vicenda. Noi esseri umani non siamo soltanto intelligenti, ma abbiamo anche dentro di noi una tendenza all’empatia che ci deriva dalla nostra evoluzione. È stata la nostra salvezza durante tutti questi millenni di grande difficoltà. Abbiamo affrontato, vincendole, tutte le sfide del passato e riusciremo a superare anche questo cambiamento climatico che porta la nostra firma. 
E anche da questo sorgerà qualcosa di meglio.

Un commento

  1. E’ certamente lecito affermare l’opinione che una tendenza all’empatia ci derivi, in quanto umani, dalla nostra evoluzione; ma sembra poco “scientifico” se non ne vengono fornite le evidenze. A meno di non considerare l’ “evoluzionismo” una nuova “fede”. Si rischia quindi che resti solo una opinione, seppur autorevole, e forse “ragionevole” per altri versi di cui si dirà qui appresso. Per completezza, potrebbero essere almeno considerate altre ipotesi, ivi incluse quelle afferenti a “qualità innate” che possono trascendere la mera realtà fisica in cui viviamo, a loro volta conseguenza di teorie “creazioniste” del mondo in cui viviamo. Alla ricerca delle cause, la stessa teoria del big-bang sebbene “scientificamente provata” sfocia poi nelle ipotesi cicliche dell’eterno ritorno, oppure nelle fluttuazioni quantistiche del vuoto, ma anche in una ipotesi di “creatio ex nihilo” (forse quella che constatò l’Abate Lemaitre quando derivò dalla teoria della Relatività Generale le sue equazioni che sottopose ad Einstein per verifica e ne ebbe risposta dal grande scienziato: “la sua fisica è corretta, ma abominevole!”- Evidentemente, Einstein era all’epoca ancora ancorato a quell’idea di universo immutabile che lo portò ad aggiungere la costante cosmologica nelle sue equazioni della Relatività Generale). Inoltre, l’ipotesi di “umani” come macchine biochimiche – dotate di libero arbitrio nelle scelte, ma anche di “antenna” (apparati neuro-cerebrali) e quindi eterodiretti attraverso il “bios”, quell’anima “imprinted” dal “Costruttore” (Il Calcolatore Centrale del Sistema, ossia l’Archivio Akashico) al momento dell’uscita dalla “fabbrica” – è anch’essa una ipotesi della New Age. Insomma, ricondurre l’empatia umana all’evoluzione appare limitativo e poco scientifico. Se poi volessimo intendere l’evoluzione in senso “Teilhardiano” (da Teilhard de Chardin), ossia che essa passa attraverso diversi stadi: dall’energia evolve in materia, dalla materia evolve in biosfera, dalla biosfera (senziente e pensante) evolve in noosfera (accumulando conoscenza), per giungere al suo stadio finale in una fase “cristica” (che implica il dono di sé, ossia la propria immolazione per gli altri!), allora dire che l’empatia ci derivi, in quanto umani, dalla nostra evoluzione, sembra approptiato. Ma, al tempo stesso bisognerebbe ammettere che l’evoluzionismo è stato così integrato nelle ipotesi creazioniste di origini cristiane ed ivi metabolizzato. Per cui Teilhard de Chardin, nonostante le vicissitudini poco piacevoli cui era stato sottoposto dalla stessa Chiesa, prima della sua riabilitazione, poteva ben sostenere “Christus Vincit, Christus Regnat, Christus Imperat!”.

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