da LinkedIn: https://www.linkedin.com/pulse/lia-non-vuole-il-tuo-posto-di-lavoro-la-tua-anima-4-verit%C3%A0-ortenzi-5gvmf/

Un interessante articolo apparso su LinkedIn in data 12/11/2025 che riporto integralmente. L’autore è Antonio Ortenzi. (L’immagine qui sopra è stata da me generata con il supporto di IA di WordPress)
L’IA non vuole il tuo posto di lavoro. Vuole la tua anima: 4 Verità Contro-Intuitive sul Futuro del Lavoro
L’ansia sull’Intelligenza Artificiale che ci ruba il lavoro è palpabile, ma spesso è mal riposta. Non sono gli operai l’unica categoria a rischio, e l’efficienza non è più il nostro superpotere. La vera battaglia non è contro la macchina, ma per ciò che ci rende irripetibilmente umani.
La disruption sta stravolgendo il tradizionale percorso di carriera, soprattutto per i “colletti bianchi”. Ma in questa crisi si nasconde l’opportunità per chi è disposto a investire non sulla velocità, ma sul significato.
Ecco le quattro conclusioni chiave che cambieranno il tuo modo di vedere il futuro professionale.
1. La vera minaccia non è per gli operai, ma per i neolaureati
L’immagine della “dark factory” automatizzata 24/7 è ormai familiare. Tuttavia, l’impatto più immediato e profondo sta colpendo i professionisti junior in settori come il legale, il finanziario e la consulenza.
- L’IA esegue i compiti di base: Algoritmi e modelli possono ora svolgere compiti cognitivi di base (analisi, sintesi, ricerche di mercato) che un tempo erano il modo in cui i giovani talenti imparavano il mestiere “sul campo”.
- La scala dell’esperienza è smantellata: Il ruolo umano si riduce al controllo e alla revisione dei risultati prodotti dalla macchina. Il tradizionale percorso di apprendimento, basato sull’esecuzione ripetitiva, è stravolto.
- Conseguenza: La sfida non è fare, ma supervisionare e dare senso all’output della macchina.
2. Il tuo più grande valore non è la perfezione, ma l’umana imperfezione
Cercare di battere l’IA sulla velocità o sulla perfezione computazionale è una battaglia persa. Il nostro vero vantaggio competitivo risiede altrove, nella nostra unicità.
- Il valore competitivo è nell’imperfezione: Il valore risiederà nella capacità di raccontare facendo pause, di interpretare, di dare un senso e non solo risposte, di costruire legami, storie e visioni. L’imperfezione rende il racconto umano e indimenticabile.
- Emergono nuovi ruoli: Le aziende avranno sempre più bisogno di filosofi d’impresa, storici del cambiamento e narratori aziendali. In un mondo di automazione, lo storytelling diventa cruciale per suscitare emozioni umane verso un prodotto fatto dalle macchine.
- L’anima diventa il differenziatore: La creazione di significato e di legami emotivi è il bene insostituibile.
3. Il tuo successo professionale dipende all’85% da ciò che l’IA non può fare
In un’era ossessionata dalla tecnologia, il dato più sorprendente è che l’85% del successo professionale dipende dalle Soft Skill. Queste non sono vaghi tratti caratteriali, ma abilità concrete, osservabili e allenabili.
- Il Capitale Invisibile: Le soft skill (pensiero critico, problem solving, comunicazione efficace, gestione dei conflitti) sono il tuo “capitale invisibile”.
- Paradosso della Tecno-Era: Più la tecnologia avanza, più le nostre capacità profondamente umane diventano il nostro bene professionale più prezioso.
- Strategia del Pugile-Ballerino: Per avere successo, bisogna integrare discipline parallele per creare un vantaggio unico e imprevedibile. Trova la tua “danza classica” – quell’abilità apparentemente non correlata che rende il tuo set di competenze unico nel tuo campo.
4. L’industria che rema contro di te: il business dell’ignoranza
Se le abilità umane sono così preziose, perché il loro sviluppo è così difficile? Perché esiste un’intera industria che rema contro il pensiero critico e l’approfondimento.
- Il Modello della Reazione: Le piattaforme social non sono progettate per la riflessione, ma per la reazione istintiva. Contenuti assoluti e semplicistici generano più interazione.
- Crollo del Costo Sociale dell’Ignoranza: Il costo sociale dell’ignoranza è crollato a zero. L’anonimato e le filter bubble premiano l’opinione infondata con la validazione di gruppo.
- L’Illusione di Conoscenza: Il sistema non premia il contenuto riflessivo e ricco di dubbi, creando un’illusione pericolosa: il principale problema della conoscenza non è l’ignoranza e l’illusione della conoscenza. L’ambiente digitale è progettato per renderci più ignoranti.
Conclusione: L’Antidoto è la Curiosità (e lo Sforzo Cosciente)
Per prosperare nell’era dell’IA, la strada è chiara: investire su ciò che ci rende unicamente umani.
L’antidoto a questa tendenza alla superficialità è la curiosità: la volontà di approfondire, dubitare e capire. Resistere richiede un’azione deliberata e uno sforzo cosciente.
- Rallenta: Non reagire d’istinto; prenditi il tempo per pensare.
- Approfondisci: Dedica tempo allo studio (5 ore di studio per 10 secondi di commento, non il contrario).
- Dubita: Ricorda che la vera conoscenza è piena di dubbi, mentre l’ignoranza è piena di certezze assolute.
In un mondo progettato per la reazione, come sceglierai di coltivare la tua curiosità?
Segue il mio commento:

(immagine da: https://www.lombardiabeniculturali.it/scienza-tecnologia/schede/8e020-00101/)
Denis Papin (1647-1714) inventò una pentola a pressione che lui definì “digestore” perchè riteneva che i cibi così cucinati sarebbero stati più digeribili, una leggenda vuole che fosse un cuoco ma forse non è vero.
Successivamente comprese che sullo stesso criterio si sarebbe potuta realizzare una caldaia che, con un getto di vapore, avrebbe potuto azionare la ruota a pale di un battello ed in tal modo diede inizio alla prima rivoluzione industriale. Il battello da lui costruito (1707) provocò la reazione dei battellieri che lo distrussero.

(immagine da: https://www.scienzaonair.eu/lezione/siamo-nel-settecento-denis-papin-chi-e-costui/)
Nel XIX secolo, in Inghilterra, il fantomatico John Ludd (la cui reale esistenza non è mai stata provata) scatenò un movimento di rivolta con sabotaggio della produzione industriale.
Alcuni anni or sono, in un’inchiesta sulla disoccupazione, un giovane intervistato di cui non ricordo il nome propose la sua ricetta per risolvere il problema: “eliminare i computer dagli uffici e le macchine dalle fabbriche”
Dobbiamo stare attenti di non commettere lo stesso errore con la rivoluzione informatica in corso: a partire dal XII secolo, tutte le innovazioni del sistema produttivo hanno creato maggior benessere, dopo un’iniziale e spesso difficile percorso di adattamento: vero che ciò non garantisce che sarà così anche con l’intelligenza artificiale, il cui sviluppo deve essere regolato ma non demonizzato.
Ciò premesso, fra le considerazioni di Ortenzi ne vedo una sulla quale in particolare è necessario riflettere: si tratta del primo punto che riguarda i neolaureati. Il problema non è solo sociale (disoccupazione giovanile) ma è anche un problema strategico perché nel medio termine potrebbe avere effetti negativi sul ricambio generazionale che, anche se la vita professionale tende ad allungarsi con l’aumento della speranza di vita, sarà pur sempre necessario prima o poi.
