Protocollo Teseo

DAL BLOG DI FRANCESCO di CASTRI

Il ronzio costante della protesi al braccio di Kael era l’unica melodia nella sua modesta abitazione nel Distretto 7, un dedalo di vicoli e container sovrapposti dove i “Tesei” venivano confinati. Non era un suono sgradevole, anzi, un promemoria costante della sua “longevità” forzata e, al contempo, della sua dannazione. Kael, un tempo stimato bio-ingegnere e co-fondatore di ‘Vita Nova’, la corporazione che aveva sviluppato gli impianti cibernetici che ora lo rendevano un reietto, fissava il suo vecchio diploma incorniciato, ingiallito e quasi illeggibile. La data in calce sembrava un’epoca geologica fa.
“Dannazione,” mormorò Kael, la sua voce profonda e leggermente metallica a causa dell’impianto vocale. “Ricordi, Elias? Quando sognavamo di liberare l’umanità dalla malattia, non di rinchiuderla in gabbie dorate.”
Elias, il suo gatto cibernetico, un regalo del suo undicesimo compleanno, si strusciò contro la sua gamba. Elias era una meraviglia meccanica, i suoi occhi luminescenti riflettevano la luce fioca della stanza. Ogni parte di Elias, come di Kael, era stata meticolosamente sostituita nel corso dei decenni. Era quasi ironico che il suo unico compagno fosse un’estensione della stessa tecnologia che lo aveva privato di tutto.
Kael passò una mano sul suo braccio sinistro, ora quasi interamente sintetico. Aveva superato la soglia del 78% di sostituzione corporea, secondo l’ultima revisione governativa. Il Protocollo Teseo gli aveva strappato via la sua eredità, il suo nome, persino il ricordo pubblico della sua ex-moglie, Elara, e della loro figlia, Lyra. Erano diventati “puri”, intoccabili, mentre lui era stato relegato all’anonimato del suo nuovo ID: THS-7734.
Un colpo secco alla porta. Kael si irrigidì. Non riceveva visite, a parte occasionali ispezioni dei Regolatori del Protocollo, e non suonavano mai. Aprì un piccolo sportello a scorrimento, rivelando gli occhi penetranti di Mara, una giovane donna con un foulard che le copriva metà del viso. Era un segnale di riconoscimento dei ribelli, il “Nesso”.
“Kael,” disse Mara, la sua voce era un sussurro rauco ma deciso. “Abbiamo qualcosa per te. Un pacco.”
Kael la fece entrare. Mara era agile, i suoi movimenti tradivano un addestramento militare. Apparteneva alla seconda generazione di Tesei, nata e cresciuta sotto l’ombra del Protocollo, ma con una feroce determinazione a smantellarlo.
“Un pacco? Di che si tratta?” Kael la guardò, incuriosito.
Mara posò a terra una cassa metallica sigillata. “L’abbiamo recuperata da un vecchio deposito di Vita Nova. Crediamo siano… i tuoi. Quelli originali.”
Il cuore cibernetico di Kael ebbe un sobbalzo, un’anomalia nel suo ritmo perfettamente regolato. “I miei…? Le mie parti biologiche?”
Mara annuì gravemente. “Sì. Le tue. Tutte quelle che erano state conservate. Crediamo che Vita Nova non le abbia distrutte, ma le abbia tenute in stasi per qualche motivo. E non sei l’unico.”


Kael aprì la cassa con mani tremanti, rivelando diversi contenitori criogenici, ognuno etichettato con il suo vecchio codice identificativo. C’erano sezioni di tessuto muscolare, un organo parzialmente integro, persino una ciocca dei suoi capelli originali. Era un’immagine disturbante, un’eco frammentata del suo passato corporeo.
“Perché?” Kael mormorò, più a se stesso che a Mara. “Perché le avrebbero conservate?”
“Non lo sappiamo ancora,” rispose Mara, osservando Kael con un misto di curiosità e compassione. “Ma il Nesso ha un’ipotesi. Crediamo che Vita Nova, e forse il Governo Unificato, non volessero solo eliminare la nostra identità legale, ma anche studiare cosa rimaneva di noi, o forse, cosa ci rendeva… noi.”
Mara si sedette su una cassa vuota. “Stiamo cercando di riassemblare queste parti, Kael. Di dare vita a quelli che chiamiamo ‘Tesei Originali’. Non semplici cloni, ma repliche con la nostra stessa impronta genetica. Crediamo che se potessimo presentare al mondo delle persone identiche a noi, fatte delle nostre stesse parti biologiche, il Protocollo crollerebbe.”
“Un’identità divisa,” rifletté Kael. “Un paradosso vivente. Un’arma a doppio taglio.”
“Precisamente,” disse Mara. “Se siamo considerati ‘non umani’ perché siamo quasi completamente sintetici, cosa direbbero se mostrassimo una copia ‘pura’ di noi stessi? Un’identità senza corpo, e un corpo senza identità.”
Il piano del Nesso era audace e pericoloso. Richiedeva non solo una tecnologia di riassemblaggio quasi fantascientifica, ma anche la localizzazione di altri Tesei che avessero avuto le loro parti originali conservate. E, soprattutto, richiedeva la volontà di questi “doppi” di testimoniare, di esistere.
“Abbiamo già un centro operativo nascosto nel Sottosuolo,” spiegò Mara. “Un vecchio laboratorio di ricerca abbandonato. Ci serve la tua esperienza, Kael. Sei uno dei pochi che capisce appieno la biologia e la cibernetica a questo livello.”
Kael esitò. Il dolore della perdita era ancora acuto, ma la prospettiva di rovesciare il Protocollo Teseo era un richiamo irresistibile. Avrebbe significato rischiare tutto, inclusa la sua “non-vita” attuale.
“E se le mie parti fossero già state usate?” Kael chiese, un’inquietante possibilità che gli balenò in mente. “E se ci fosse già un… ‘Kael Originale’ là fuori?”
Mara lo guardò, i suoi occhi scuri rivelavano una profonda comprensione. “È una possibilità che ogni membro del Nesso deve affrontare. La ricerca della verità, anche se dolorosa, è l’unico modo per riconquistare la nostra identità.”


Nei mesi successivi, il laboratorio sotterraneo divenne la seconda casa di Kael. Circondato da schermi pulsanti, bioreattori e intricati circuiti, Kael si sentiva finalmente di nuovo utile. Lavorava instancabilmente con Anya, la brillante scienziata capo del Nesso, una donna anziana ma con una mente affilata, le cui mani tremavano leggermente a causa di un avanzato stadio di fibrosi cerebrale, una malattia che il Protocollo non considerava “curabile” con sostituzioni.
“La rigenerazione tissutale è complessa, Kael,” spiegò Anya, mentre osservavano una scansione 3D di un fegato parzialmente ricostruito. “Soprattutto quando non hai un organismo ospite che la guidi. Ma abbiamo fatto progressi. Il nostro prossimo passo è tentare la ricostruzione di un intero sistema nervoso.”
Il momento della verità arrivò un freddo pomeriggio d’autunno. Erano riusciti a riassemblare le parti di diversi Tesei, tra cui una considerevole porzione del corpo originale di Kael. L’entità giaceva in un letto di liquido nutritivo, la sua forma ancora informe ma inequivocabilmente umana.
“Kael,” disse Anya, la sua voce rotta dall’emozione. “Crediamo di aver raggiunto una coscienza rudimentale. Potrebbe non essere un ricordo completo, ma c’è attività cerebrale.”
Kael si avvicinò alla capsula. Un volto emerse lentamente dal liquido, i lineamenti indistinguibili dai suoi, ma più giovani, non segnati dalle decadi di impianti. Gli occhi si aprirono, scuri e confusi.
“Chi… chi sei?” sussurrò la figura nella capsula, la voce un eco leggero e privo di quella punta metallica che Kael aveva acquisito.
Kael non riusciva a parlare. Era come guardare un fantasma, il suo io perduto, intatto e fragile.
“Io sono… tu,” disse Kael, la sua voce stentò a uscire. “O meglio, ero io. Quella è la mia vecchia pelle, le mie ossa, i miei organi.”
Il “Kael Originale” tremò, i suoi occhi spalancati in un misto di orrore e incomprensione.
Mara entrò nella stanza, la sua espressione grave. “Abbiamo intercettato un messaggio. Vita Nova sta accelerando la distruzione dei vecchi depositi. Sanno che stiamo cercando queste parti. Ma c’è di più.”
“Cosa?” chiese Kael, distogliendo lo sguardo dal suo doppio.
“I dati criptati indicano che il Protocollo Teseo non riguardava solo il controllo della popolazione,” spiegò Mara. “Vita Nova stava conducendo esperimenti con la ‘coscienza residua’ nelle parti biologiche originali. Non solo ricordi, Kael. Credono che una parte dell’anima, dell’essenza di una persona, possa persistere nelle sue cellule. Stavano cercando di estrarla, di replicarla, o forse, di eliminarla del tutto.”
Il Protocollo Teseo non era solo un meccanismo di controllo delle risorse, ma una caccia all’anima. E il loro nemico non era solo un governo, ma una corporazione che manipolava la vita stessa.


La notizia della “coscienza residua” scosse il Nesso fino alle fondamenta. Significava che il Protocollo non era solo discriminatorio, ma un abominio etico. Il piano di usare i “Tesei Originali” in un processo pubblico diventò ancora più urgente. Kael e il suo doppio, che aveva iniziato a mostrare segni di recupero dei ricordi, seppur frammentari e confusi, avrebbero dovuto affrontare il mondo.
Il culmine avvenne nella Grand Hall of Justice di Neo-Saronno, un edificio imponente di vetro e acciaio che dominava lo skyline. La causa “Kael vs. Governo Unificato e Vita Nova” fu trasmessa in mondovisione. Il dibattito sulla natura dell’identità umana infuriava, e il mondo era diviso.
Il momento clou fu quando il “Kael Originale”, debole ma determinato, fu portato sul palco. La sua sola presenza era una sfida al Protocollo. “Io sono Kael,” disse con voce tremante, indicando il Kael cibernetico. “E anche lui è Kael. La nostra identità non risiede solo in questa carne, ma nei ricordi che condividiamo, nella vita che abbiamo vissuto, nelle scelte che abbiamo fatto.”
Le argomentazioni di Kael furono potenti, supportate dalle prove del Nesso sulla “coscienza residua” e le manipolazioni di Vita Nova. Il fondatore di Vita Nova, il Dott. Aris Thorne, un uomo freddo e calcolatore con un corpo quasi interamente sintetico, tentò di difendersi, insistendo sulla necessità del Protocollo per la sopravvivenza della civiltà.
“L’umanità non può permettersi l’immortalità incontrollata!” tuonò Thorne. “Il Protocollo Teseo è un male necessario per la sopravvivenza della specie!”
Ma Kael aveva una mossa finale. “E se il primo Teseo, l’archetipo, fosse qui tra noi?”
Kael rivelò le prove della ricerca del Nesso: il “Teseo Zero”, il primo essere umano ad aver subito una sostituzione quasi totale delle parti, era stato Thorne stesso, il fondatore di Vita Nova. Aveva manipolato il Protocollo per definire chi era “umano” e chi no, per mantenere il potere e il controllo, e forse per evitare la sua stessa perdita di identità. La sua paura di diventare un “non-umano” lo aveva spinto a creare una società distopica.
La rivelazione sconvolse l’aula. Thorne, in un raro momento di vulnerabilità, non riuscì a negare le accuse. Era il primo “ibrido”, il paradosso vivente che aveva creato il sistema che condannava gli altri.


Il verdetto fu una vittoria amara. Il Protocollo Teseo non fu completamente abolito, ma drasticamente modificato. La soglia di sostituzione fu alzata a un livello quasi impossibile da raggiungere, e la perdita di diritti fu ridotta. Agli ex-Tesei fu data la possibilità di rivendicare la loro identità precedente, anche se il processo era lungo e complicato. I beni requisiti sarebbero stati restituiti, e i matrimoni annullati potevano essere ripristinati.
La società, tuttavia, rimase divisa. La questione di cosa significasse essere “umani” in un mondo di corpi intercambiabili e coscienze replicate persisteva. I “puri” e i “Tesei” continuarono a guardarsi con sospetto, anche se le leggi ora garantivano una maggiore equità.
Il Nesso aveva vinto la battaglia, ma la guerra filosofica era appena iniziata.
Quanto ai “Tesei Originali”, come il doppio di Kael, la loro esistenza aprì un nuovo capitolo di interrogativi. Avevano diritto a una loro vita? A una loro identità separata? Il “Kael Originale”, ancora in fase di recupero, scelse di vivere una vita tranquilla lontano dal clamore, cercando di ricostruire i suoi frammenti di ricordi.
Kael, il Teseo cibernetico, continuò il suo lavoro con il Nesso, ora focalizzato sulla ridefinizione della coscienza. Elias, il suo gatto cibernetico, continuò a stargli accanto, un simbolo silenzioso della loro resilienza.
Una sera, mentre il sole tramontava sulla città che ora respirava un’aria di incerta libertà, Mara si sedette accanto a Kael. “Abbiamo vinto, Kael. Ma a che prezzo?”
Kael guardò le sue mani, una fatta di carne, l’altra di lega e sensori. “Il prezzo è la comprensione, Mara. La comprensione che l’identità non è né nella carne né nell’acciaio, ma nella narrazione della nostra vita, nelle nostre esperienze, nelle nostre scelte. Non siamo le nostre parti, ma la somma di ciò che siamo diventati.”
“E cosa succederà ai doppi?” chiese Mara. “Hanno una loro storia da scrivere?”
Kael sorrise. “Sì. E forse, la loro esistenza ci insegnerà che la definizione di umanità è più fluida e inclusiva di quanto avremmo mai immaginato. Forse l’immortalità non è solo una questione di longevità fisica, ma di capacità di reinventarsi, di adattarsi, di continuare a definire sé stessi, anche quando il corpo cambia.”
La lotta per l’anima dell’umanità era appena iniziata, e Kael era pronto ad affrontarla.

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