Nella storia sono stati registrati molti casi di scienziati che, pur rispettabili e talora famosi, mentono sui risultati delle loro ricerche. Viene spontaneo chiedersi perché?
Sull’argomento sono stati seguiti studi e ricerche, ci limitiamo a citare ilo libro “Le bugie della scienza” (autore: Di Trocchio, Mondadori, 1993). Egli indxividua tre possibili cause:
1 – perché, pur essendo sicuri della loro scoperta, non riescono a compiere l’esperimento per dimostrarla o, avendolo compiuto una volta, non riescono a ripeterlo,
2 – per acquistare visibilità ed ottenere premi e riconoscimenti o fare carriera,
3 – per ottenere finanziamenti per la ricerca.
Vi sono inoltre diversi tipi di imbroglio, ad esempio:
a – trucchi bibliografici, ripubblicazione di uno stesso articolo con piccole modifiche e titolo diverso, comunicazione di dati e notizie non consolidate, accordi fra scienziati per riferimenti incrociati (si tratta di trucchi per lo più innocui),
b – dati inventati o citati in maniera illegittima, furto di idee o plagi,
c – frode vera e propria, con manomissione di protocolli di sperimentazione o, al limite, inventando l’intero esperimento
d – trucchi statistici.
Anche in campi scientifico è spesso difficile distinguere il vero dal falso.
Alla prima ipotesi vorrei aggiungere un’ulteriore possibilità: lo scienziato potrebbe non imbrogliare bensì in buona fede credere di aver eseguito un esperimento e di aver dimostrato una teoria senza avere in realtà dimostrato nulla perché l’esperimento è stato condotto in maniera imperfetta (questo potrebbe essere il caso di Galileo)
