Il voto obbligatorio

La disaffezione che si registra nell’affluenza alle urne è un fenomeno noto e non è un fenomeno solo italiano: di fatto si tratta di uno dei sintomi della crisi dello stesso concetto di democrazia.

Alcuni sostengono che gli astenuti di fatto deleghino i votanti ad agir per loro conto, tuttavia ciò non toglie che un candidatto eletto, ad esempio, con il 50% dei voti ottenuti con un affluenza del 60%, abbia di fatto ottenuto solo il 30% dei voti e ciò ne lede la legittimazione politica, pur essendo la sua elezione legittima dal punto di vista formale.

Quando il voto era obbligatorio più o meno a votare ci andavano quasi tutti, e viene spontanea la domanda se non sia il caso di ripristinarne l’obbligatorietà: in definitiva la partecipazione alle elezioni non è solo un diritto ma anche un dovere.

Note:

  • Comunemente si usa il termine “dovere civico”, termine in realtà un po’ fuorviante perchè introduce una categoria intermedia fra ciò che è un dovere e ciò che non lo è. Vero che esiste la categoria del dovere morale, tuttavia si tratta di una categoria etica e non giuridica che non sembra applicabile in una legge elettorale.
  • Sarebbe anche opportuno che la mancata partecipazione, salvo i casi con giustificazione documentata (grave malattia, assenza per motivi di lavoro, &C), sia soggetta ad una sanzione che non sia solo un generico rimbrotto ma che abbia una conseguenza pecuniaria non pesante ma neanche indifferente, la collocherei fra i cinquecento ed i mille euri.

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