Allorché si tenta una ricostruzione storica è importante fare riferimento alla mentalità ed al quadro legislativo e sociale dell’epoca e non a quelli attuali: purtroppo un errore comune, in chi si interessa di eventi storici, è la tendenza a giudicarli con l’ottica dei nostri tempi, invece di tentare di comprendere la cultura e la mentalità dell’epoca considerata. Inoltre, bisogna evitare di lasciarsi influenzare dalle conclusioni o conseguenze politiche o ideologiche che dalla ricostruzione storica possono essere tratte, in maniera più o meno strumentale; la storia si occupa di eventi passati, non della loro utilizzazione per finalità attuali. Chiunque, studiando la storia, giunga a conclusioni in parte diverse da quelle comunemente note ed accettate, rischia l’orribile accusa di “revisionismo”: il termine nasce dalla prassi marxista, per indicare coloro che, pur restando comunisti, non si conformavano alla prassi ed all’ideologia sovietica ed in quanto tale è un concetto con una valenza negativa, passato poi in altri contesti talora conservando e talora perdendo l’iniziale negatività. Per quanto riguarda la storia, riportiamo una citazione di Renzo De Felice: “per sua natura lo storico non può che essere revisionista, dato che il suo lavoro prende le mosse da ciò che è stato acquisito dai suoi predecessori e tende ad approfondire, correggere, chiarire, la loro ricostruzione dei fatti. Lo sforzo deve essere quello di emancipare la storia dall’ideologia, di scindere le ragioni della verità storica dalle esigenze della ragion politica….” . D’altra parte “la storia non può essere studiata secondo le direttive del partito in cui si milita o di cui si condivide l’ideologia e il programma politico. Dobbiamo liberamente ricostruire il nostro passato anche se ciò significa porsi controcorrente, con il risultato di non essere congeniali né agli storici di destra che di sinistra.”
