Vi propongo oggi il monologo finale del Rinoceronte di E. Jonesco
BERENGER (sempre guardandosi allo specchio) In fondo un uomo non è poi tanto brutto!
E dire che come uomo non sono una bellezza. Credimi, Daisy! (Si volta e non la
vede) Daisy! Daisy! Dove sei, Daisy? Non farai anche tu questa pazzia! (Si lancia
verso la porta, gridando) Daisy! (Giunto al pianerottolo, si sporge dalla rin-
ghiera) Daisy! Torna indietro, Daisy! Non hai neanche mangiato… Daisy, non
lasciarmi! Me lo avevi promesso! Daisy! Daisy!… (Rinuncia a chiamarla. Con un
gesto di disperazione, rientra nella stanza) Naturalmente. È logico. Non ci si
capiva più… una coppia disunita… non era più possibile tirare avanti, così… Ma
non avrebbe dovuto lasciarmi senza una spiegazione… (Si guarda intorno) Se n’è
andata così, senza una parola… Non è il modo di fare! E adesso sono proprio solo.
(Va a chiudere la porta a chiave, con cura, ma con rabbia) Ma non mi arrendo!
(Chiude con cura le finestre) Avete capito? Non mi arrendo! (Si rivolge a tutte le
teste di rinoceronte) Non vi seguirò mai, non vi capisco! Resterò quello che sono…
Sono un essere umano. Un essere umano! (Va a sedersi in poltrona) Ah, che si-
tuazione impossibile! È colpa mia se lei se ne è andata. Ero tutto, per lei… che le
succederà, adesso?! Ah… ancora una persona sulla coscienza! Devo immaginarmi
il peggio, perché il peggio è possibile… Povera bambina abbandonata in questo
mondo di mostri! Nessuno può aiutarmi a ritrovarla, nessuno, perché non c’è più
nessuno! Nuovi barriti, corse sfrenate, nuvole di polvere. Non voglio sentirli…
Meglio mettere del cotone nelle orecchie. (Si mette del cotone nelle orecchie e si
parla da solo allo specchio) Non c’è altra via che tentare di convincerli… già, ma
convincerli di che? E queste metamorfosi, saranno reversibili? Eh? Saranno
reversibili?… Sarebbe una fatica d’Ercole, al di sopra delle mie possibilità. E,
prima di tutto, per convincerli, bisognerebbe parlare con loro… Ma per parlare,
dovrei imparare la loro lingua… O forse loro impareranno la mia?… Ma che lingua
parlo, io? Qual è in realtà la mia lingua? È italiano, questo? Sì, dev’essere italiano.
Ma che cos’è poi l’italiano? Possiamo anche chiamarlo italiano, se vogliamo, tanto
nessuno può contraddirmi: sono solo a parlare. Ma che sto dicendo? Che dico?
Riesco ancora a capirmi, poi? (Va verso il centro della stanza) E se, come diceva
Daisy, fossero proprio loro ad aver ragione? (Si volta verso lo specchio) Eppure un
uomo non è brutto, un uomo non è brutto! (Si osserva, passandosi la mano sulla
faccia) Che strano essere, però! Chissà mai a che cosa assomiglio… (Si precipita
verso uno scaffale e ne estrae delle fotografie che sfoglia febbrilmente) Fotografie!
Ma chi sono tutti questi tipi?! Il signor Papillon, oppure Daisy? E questo qua? Sarà
Botard? Dudard? Jean? Che sia io?… (Si precipita di nuovo verso lo scaffale e ne
estrae due o tre ritratti) Sì, adesso mi riconosco: sono io! io! io! (Va ad appendere
il ritratto sulla parete di fondo tra le teste di rinoceronte) Sono io! Sono proprio
io!
Mentre l’appende, vediamo che i ritratti raffigurano un vecchio, una donna grassa e un altro uomo. La bruttezza delle persone ritratte contrasta ora con le teste dei rinoceronti che sono diventate molto belle.
(Fa un passo indietro per osservare meglio i quadri) No, non sono bello, non sono
per niente bello! (Stacca i quadri, li getta per terra con ira, va verso lo specchio)
Sono loro che sono belli! Avevo torto! Ah, vorrei essere come loro! Non ho niente
in testa, neanche un corno! Com’è brutta la mia fronte così piatta, liscia… ci
vorrebbero un corno o due, così anche i miei tratti risalterebbero meglio… Chissà,
forse spunteranno, e allora non mi sentirò più così umiliato, potrò andare a rag-
giungerli… Ma no… le corna non spuntano… (Si guarda le palme delle mani) Le mie mani sono sudate… che schifo! Chissà se diventeranno grosse, rugose… (Si to-
glie la giacca, sbottona la camicia, osserva il petto allo specchio) Ho la pelle tutta
flaccida. Ah, questo corpo così bianco e peloso! Come vorrei avere una pelle ru-
vida, e quel magnifico colore verde scuro… come vorrei avere un nudo decente,
senza peli, come il loro! (Ascolta i barriti) Il loro canto è attraente, forse un po’
rauco, ma certo attraente! Se potessi anch’io cantare così! (Cerca di imitarli) Aah!
aah! Brr! Brr! No, non è così! Proviamo più forte! Aah! aah! Brr! No, non è così!
Troppo debole, manca di forza, di vigore! Non riesco a barrire! Urlo soltanto!
Aah! aah! Brr!… ma gli urli non sono barriti! Come mi sento in colpa! Avrei
dovuto seguirli quand’ero ancora in tempo! Troppo tardi, adesso! È finita, sono un
mostro! Sono un mostro! Non diventerò mai più un rinoceronte, mai, mai, mai!…
Non posso più cambiare. Vorrei tanto, ma non posso, non posso! E non posso più
sopportarmi, mi faccio schifo, ho vergogna di me stesso! (Si volta, spalle allo
specchio) Come sono brutto! Guai a colui che vuole conservare la sua originalità!
(Ha un brusco sussulto) E allora, tanto peggio! Mi difenderò contro tutti! La mia
carabina, la mia carabina! (Si volta verso la parete del fondo dove si vedono le
teste di rinoceronte. Urlando) Contro tutti quanti mi difenderò, contro tutti quanti!
Sono l’ultimo uomo, e lo resterò fino alla fine! Io non mi arrendo! Non mi arrendo!
Sipario.
